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NON GIOCO PIÙ, ME NE VADO


“Eh, sono sempre i migliori ad andarsene …”. No, tranquilli, non stiamo parlando di dipartite fisiche da questo affascinante e controverso mondo ma di persone, collaboratori che decidono un bel giorno di interrompere il rapporto di lavoro con la propria organizzazione per intraprendere altre esperienze professionali.


Cerchiamo allora di capire quali siano i profili ed i meccanismi che spingono le persone di valore a decidere di cambiare lavoro partendo proprio dalla domanda centrale: perché i migliori?


La prima evidenza è che il mercato è perennemente in cerca di gente in gamba, con buone conoscenze e abilità tecniche ma soprattutto empatiche, di relazione, di governo ottimale dell’ansia e dello stress sia personale che del team.

Non importa genere o età, queste persone sono ricercate in qualunque campo ed hanno strade e carriere spianate se sono nelle condizioni di esprimere tutto il loro potenziale. Sono donne e uomini dotati di coraggio con molta fiducia in se stessi e coscienza del proprio valore. Chi rientra in questa categoria non ha difficoltà a ricevere proposte di collaborazione, il più delle volte senza neanche esserne alla ricerca.


I migliori, chiaramente quelli coscienti di esserlo, solitamente esercitano la visione, ovvero valutano le proposte ricevute e cercano di proiettare virtualmente l’opportunità immaginandosi calati nella nuova realtà.

Crescita professionale, ambiente e modalità di lavoro, nuovi colleghi, obiettivi: questi sono i primi elementi che le persone smart valutano per il loro percorso.

I soldi, i benefit? Quelli vengono presi in considerazione dopo, a valle dell’esito positivo della prima analisi, della propria crescita di valore umano, se così non fosse non siamo in presenza di un migliore.


In questa fase, come si può ben comprendere, la situazione futura viene disegnata in benchmark con l’esperienza attuale, prendendo una penna, un bel foglio di carta diviso in due parti, confrontando livello di soddisfazione attuale, opportunità e rischi. Dando un punteggio ad ogni aspetto e tirando le somme il gioco è fatto: lascio o non lascio.


Bene, ma l’azienda che oggi ha la fortuna di avere a bordo questo migliore cosa fa per vincere ai punti o addirittura a tavolino la competizione con questi diavoli tentatori che attentano al proprio personale?

Che tipo di relazione ha con tutti, ma proprio tutti i collaboratori? Chi mette al centro della propria strategia di crescita e sviluppo, loro oppure i clienti? Ha comunicato bene lo scopo aziendale e lo scopo di ognuno legato al percorso di evoluzione personale oppure lascia che sia la macchinetta del caffè a tramandare di seconda, terza o quarta mano notizie distorte sul futuro? Ha messo in moto dei meccanismi di ascolto efficace per dare supporto e aiuto per qualsiasi bisogno, è vicina alle persone? Applica una politica di meritocratica e di riconoscimento vera, chiara, trasparente che abbatta le classi sociali dell’organizzazione? Infine l’azienda crede realmente nel valore delle persone e le fa crescere con percorsi di formazione costante o le considera una sorta di commodity, di usa e getta?


Se anche una sola di queste domande vacilla è chiaro ed evidente che un migliore farà presto a fare le valigie e andarsene verso altri lidi dove saranno proposte migliori prospettive e garanzie di crescita.

D’altronde se è vero che ‘chi si assomiglia si piglia’ i migliori cercano i migliori. Sempre.


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